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TU SIRIA
TU SIRIA
Venerdì 11 aprile, Asmae Dachan e Yara Al Zaitr hanno presentato il loro libro di poesie dedicato al loro popolo e alla loro madre patria. ‘Tu, Siria’ é una raccolta intensa di immagini e sensazioni che toccano profondamente le corde dell’animo umano. Durante un’emozionante diretta, le due ragazze hanno presentato il loro dolore e le loro speranze per la salvezza del loro paese.
Musica di Mariangela Ungaro
Voce recitante: Laura Cassani
Venerdì 11 aprile, Asmae Dachan e Yara Al Zaitr hanno presentato il loro libro di poesie dedicato al loro popolo e alla loro madre patria. ‘Tu, Siria’ é una raccolta intensa di immagini e sensazioni che toccano profondamente le corde dell’animo umano. Durante un’emozionante diretta, le due ragazze hanno presentato il loro dolore e le loro speranze per la salvezza del loro paese.
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Grande recitazione di Laura Cassani, musica originale di Mariangela Ungaro
WARS

Ultimamente mi è stato commissionato un pezzo che potesse sonorizzare scene di guerra all’interno di un film.
Per me è stato un lavoro non semplice, non tanto per lo stile musicale, mai affrontato prima per me, quanto per il soggetto da descrivere musicalmente.
Le esigenze cinematografiche chiedevano musica dinamica, e non, come avrei preferito, al di sopra delle parti.
Ho fatto questo video amatoriale nel tentativo di dare un significato critico al mio lavoro.
La storia è stata anche e purtroppo un susseguirsi di crimini contro l’umanità stessa. Ho solo elencato i fatti, attraverso immagini pittoriche o fotografiche, secondo l’epoca, con un chiaro messaggio: la guerra è sempre una scelta errata.
Recently, I was commissioned a piece that could sonorize war scenes in a movie.
For me it was a not easy job , not so much for the style of music, never faced before for me, but for the subject to describe musically.
The film needs demanded dynamic music, and not, as I would have preferred, above the parties.
I made this amateur video in an attempt to give a critical meaning to my work.
The story was also, unfortunately, and a succession of crimes against humanity itself. I just listed the facts, through photographic or pictorial images, depending on the time, with a clear message: war is always a wrong choice.
IL FALLIMENTO DELLA STORIA
IL FALLIMENTO
Come sempre mi accade da tutta la vita, rifletto.
Ma oggi ho intenzione di mettere per iscritto quello che davvero penso e forse sarà l’occasione di dire tutta la cruda verità, quella che fa soffrire, quella che fa piangere amaramente, una buona volta.
Cominciamo da principio.
La mia generazione.
La generazione dei nostri genitori.
La generazione dei nostri nonni.
Questi ultimi erano contadini, pochi avevano studiato, pochi erano i padroni.
Ma gli altri, pur non essendo ricchi, avevano la loro meravigliosa dignità, e felicità. Non è un caso che avessero dei valori veri; pur nella sporcizia, avevano però molta possibilità di migliorare il ben avere, lavorando. In ben-essere in realtà c’era già.
I nostri genitori hanno vissuto il benessere, di più tra loro potevano studiare, molti si sono arricchiti nel vero senso del termine.
Non hanno vissuto la guerra, se non quella personale tra loro stessi, per accaparrarsi di più.
Alcuni non avevano nulla, ma sono riusciti a fare moltissimo. C’erano ancora tante possibilità.
Insomma: in entrambi i casi c’era modo di migliorare, la Storia aveva un progresso.
Oggi: se non ci fossero i genitori, quanti di noi si sarebbero comprati una casa?
Quanti tra noi avrebbero una macchina?
Quanti tra noi avrebbero avuto voglia di riprodursi?
Certo, si lavora in due, se si parla di famiglia “benedetta da Santa Romana Chiesa” o fattiva cioè autentica: e i figli? Dai nonni ovviamente.
Non siamo in grado di fare nulla, di avere nulla, molti nemmeno di fare i genitori perché c’è chi si sostituisce a loro e lo fa di buon grado.
Alcuni potrebbero obiettare che è sempre stato così, con la differenza che prima erano famiglie allargate, quindi i nonni erano in loco.
No, non è vero.
Non se ci si riflette.
La mia generazione non poteva avere più niente, il grasso è finito, se lo sono già spartito.
Eppure abbiamo studiato tutti, sì, tutti, chi in un campo chi nell’altro, tutti siamo “benestanti”, niente guerre, né mondiali, né esterne…La nostra è una guerra molto più tremenda: quella interiore.
Non abbiamo libertà, non abbiamo dignità, non abbiamo scelta.
Dobbiamo anche sottostare alle critiche dei padri, perché senza di loro che cosa faremmo?
Ma questo non è amore, non è stima, non è nulla se non ipocrisia.
E chi lo dice è cattivo. Ingrato. Malato.
Sì siamo malati, del malessere del vivere. Molti di noi lo sono. Alcuni terminali.
Vivere molto spesso non ci interessa più, non almeno a chi ha mantenuto la capacità di pensare.
Certo se la vita si riduce a quello che si ha (non importa ottenuto come) alla partita di calcio, alla bella donna che si concede più facilmente di una volta, agli amici finti, allora va tutto bene. Certo!
Sì, basta non avere l’anima. E molti l’hanno scordata. Ammutolita. Dimenticata. Soffocata.
Forse è per questo che chi è ricco di famiglia è triste. Non c’è nulla che lo realizzi perché non si è guadagnato nulla.
Molti figli hanno cercato di farcela e sono finiti male. Il mondo nel frattempo è diventato più crudele, ti fotte sempre, non vede l’ora.
Dove sta la realizzazione in tutto questo? Dov’è il lavoro? Dov’è la libertà, la dignità?
Finito tutto. Dov’è il nostro sorriso? Nella politica che veniamo a sapere davvero dai comici?
E siamo tanti. E la cultura non esiste più. L’hanno ammazzata perché non la si riteneva importante, non fa fare soldi. Bisogna faticare per comprendere, ma tutto deve essere facile altrimenti che gusto c’è? La società è il cancro. E dal cancro non si guarisce. A molti restano le piccole cose, i piccoli sorrisi, una mano su una spalla, da uno malato come te.
Chi potrebbe riconoscere il vero valore grandissimo di tanti?
Sulla Musica non apro nemmeno la parentesi, non ce la posso fare.
Non ci resta che sopravvivere sperando nel miglioramento e magari i più forti tra noi saranno protagonisti del miglioramento in modo fattivo.
Spero di avere la forza di poter narrare le loro imprese, come i menestrelli di un tempo.
In fondo, sono solo una musicista, ammesso che esista ancora la parola.