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CONFERENZE STAMPA SU CINEMA D’ASCOLTO A MILANO

 
 

 

Perché la musica è un linguaggio universale? Come fa ad esserlo? Una pace è davvero possibile se tutti conosciamo -per giunta a priori- lo stesso codice?

 

CINEMA D’ASCOLTO VI ASPETTA IL 16 E IL 17 FEBBRAIO PER LE ATTESISSIME PRESENTAZIONI A MILANO.


Cinema d’ascolto è un viaggio intorno al mondo attraverso le sonorità del cinema.

Un’ indagine approfondita del mondo sonoro di ogni popolo della terra e di ogni singolo individuo. 

Un libro che racconta l’uguaglianza nell’infinita pluralità.





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RAGIONI DEL PROGETTO



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PROGETTO COMPLETO IN 5 VOLUMI


CINEMA D’ASCOLTO I VOL. ora in vendita!

Con Antonio Di Bartolomeo presso Pluriversum Edizioni

 

Il presente lavoro si pone come indagine accurata sui linguaggi cinematografico e musicale, intrecciati indissolubilmente alla storia e alla cultura popolare.

Il cinema ha avuto un ruolo sostanziale nella storia dell’umanità, divulgando alle masse messaggi, cultura, informazioni, valori, bisogni, stili di vita, provocazioni, critiche alla stessa società e inventando nuovi modi per comunicare. La musica, il linguaggio universale per eccellenza, si è strettamente legata al cinema, asservendolo da un lato, ma anche amplificandone i significati, mantenendo le sue caratteristiche linguistiche ed epistemologiche, e andando aldilà della stessa immagine che andava a connotare. La musica si è rinnovata nella sostanza e ha ricreato se stessa seguendo modalità molto precise a seconda dei generi cinematografici che andava a musicare, quando non addirittura creando un sound specifico che nella storia della musica non aveva precedenti.

copertina completa mariangela ungaro

Il primo volume è acquistabile a questo link in assoluta sicurezza

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La musica ha il potere di creare o distruggere un film.

La combinazione nel tempo di dinamica, caratteri strumentali e timbrici, volumi, cellule ritmiche, forma, gesti e struttura della composizione, generano tutto il mondo musicale del brano che ascoltiamo e tutte le sue avventure, i suoi sviluppi, le sue tragedie, nemmeno stessimo celebrando una metafora della vita di ciascuno di noi.

Il suono crea gli stati d’animo, ma in realtà siamo noi a percepirli come tali… Perché erano già in noi e lo sono da sempre.

Ascoltando migliaia di film, mi sono accorta che l’Uomo è lo stesso in qualsiasi parte del mondo viva e muoia, soffra e gioisca, aldilà della “razza”, del sesso, del credo politico, della fede religiosa, del territorio e del contesto sociale.

Per ampliare e rendere comprensibile profondamente il suo messaggio, il cinema ha avuto bisogno e ha scelto consapevolmente il linguaggio universale per eccellenza: la Musica.

Ascoltando un film lo si comprende davvero.

Chi mi conosce sa quanto questo progetto mi sia costato, ma io ci ho creduto, ancora una volta. Ringrazio di cuore tutte le  persone che con il loro affetto mi hanno sempre sostenuta e spronata.

Seguiranno altri 4 volumi.

 

 

Grazie.

Mariangela Ungaro

 


IL CINEMA AUSTRALIANO E LA SUA MUSICA da “Cinema D’Ascolto” di M.Ungaro

http://www.pensieroplurale.it/cinema-australiano-la-sua-musica/

Pensiero Plurale è l’ideale spazio informativo in cui diverse discipline e contenuti possono liberamente coesistere. Dalla politica allo sport, dalla filosofia all’arte, dalla narrativa al cinema, non ci facciamo mancare nulla.

Proponiamo, stavolta, un’indagine retrospettiva, uno studio articolato e appassionato, che getta un fascio di luce psichedelica sul cinema australiano in rapporto alle colonne sonore.
L’articolo è di Mariangela Ungaro, una delle nostre autrici di punta (che a settembre pubblicherà “Cinema d’ascolto”, ovviamente con il marchio editoriale Pluriversum Edizioni).

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I DUE FIGLI

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FILM DEDICATO ALL’AMORE. Tra le colonne sonore più difficili che io abbia mai fatto, temi originali che devono durare pochi secondi e dare l’idea della sensazione provata, la coerenza della composizione che non può mancare, anche se ci sono pochi istanti, i temi giusti sincronizzati in frazioni di tempo cellulari… Con citazione nei titoli di coda alla barcarola veneziana di Mendelssohn, dal momento che siamo a Venezia…Buona visione e buon ascolto. Mariangela Ungaro


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INTERVISTA ALLA COMPOSITRICE MARIANGELA UNGARO

INTERVISTA ALLA COMPOSITRICE MARIANGELA UNGARO

INTERVISTA ALLA COMPOSITRICE MARIANGELA UNGARO


musica di repertorio nel film

LA MUSICA DI REPERTORIO NEL CINEMA

…..

In quanto ad usare musica di repertorio, il nostro Tarantino è in ottima compagnia: registi come Kubrick, Argento, Monicelli, Houston, Hitchcock, Coppola, Pasolini e Soderbergh (quello di “Ocean’s eleven) hanno usato musica “già fatta”, a volte in versione originale, a volte cambiando i connotati del pezzo musicale, per le ragioni più disparate.

Kubrick, grande maestro: la musica qui è il film stesso…L’uso che Kubrick fa della musica di Beethoven e di Rossini durante gli stupri dei drughi in “Arancia meccanica”, è a dir poco inquietante, accentua la chiave visionaria e onirica del film..
La musica di Beethoven è addirittura usata come deterrente: il drugo più cattivo, il giovane Alex, è costretto a vedere scene di violenza ripetutamente, con gli occhi aperti da macchine per la tortura, proprio ascoltando la musica del suo autore preferito..Ma è troppo coriaceo per arrendersi..E se in un primo momento la musica di Ludovico Van sembra funzionare, si tratta solo del famoso detto: “bisogna che tutto cambi perché tutto resti com’è”.

Odissea nello spazio, prima scena: piano sequenza dell’astronave, della terra e del sole, ripresi in successione. Kubrick sincronizza le tre immagini diacroniche senza soluzione di continuità con le tre note in successione, di straordinaria potenza, prese dall’inizio del brano di R. Strauss “Così parlò Zarathustra”: una scelta geniale!
L’astronave gira intono alla luna, danzando dolcemente, calamitata dalla forza gravitazionale del nostro saltellite: quale musica migliore di un bel walzer? Ed eccoci serviti: “Il bel Danubio blu”di J. Strauss, che simboleggia anche la chiusura a cerchio che si arrota su se stesso, della società alto-borghese di cui il walzer è una sorta di “colonna sonora sociale”. In sostanza la musica qui non è solo un buon modo per descrivere la scena del film, ma ha contiene in sé una riflessione, nonché una critica, di tipo sociale.
Sempre nello stesso film, Kubrick utilizza anche la musica di un autore di musica contemporanea colta, Georgy Ligeti, compositore ungherese scomparso di recente.
La musica di Ligeti qui utilizzata, il “Lux Aeterna”, è composta su una serie di punti sonori, che fluttuano nello spazio senza però creare il “tema” , la melodia che tutti facilmente possiamo riconoscere…Ascoltare Ligeti, le sue fasce sonore che si muovono con micro-movimenti, come le rette parallele nello spazio, dà la sensazione di perdere la “terra sotto i piedi”…Esattamente quello che desidera connotare Kubrick, quando inserisce questa musica nella scena finale del film, in cui l’astronave ha perduto la rotta e fluttua senza meta nello spazio.
Sempre la musica di Ligeti è protagonista indiscussa dell’ultimo film di Kubrick “Eyes wide shut”: ne troviamo diversi brani, tra cui il famoso “Cerimoniale” per basso, che accompagna le scene della loggia massonica; colpisce di più però la mia attenzione un brano di due note (mi-fa) per pianoforte, inquietante, giocato sui due registri estremi del pianoforte (acutissimo e gravissimo); le due note si alternano senza andare da nessuna parte, sono già ai limiti della tastiera…Il brano accompagna, non a caso, le scene di smarrimento del protagonista : il vuoto pneumatico del pezzo descrive, aldilà di ogni dubbio, la sospensione del pensiero, la paura raggelante, l’impossibilità di muoversi…

Alleggeriamo un po’ il tono e passiamo ora al Maestro italiano del melodramma: Guseppe Verdi.
Chi non conosce “Bella figlia dell’amore” in versione “supercazzola” cantata a cappella in macchina dai quattro “amici miei” di Monicelli che vanno in giro a fare le “zingarate”…?

Pochi sanno però che anche Pasolini non ha disdegnato la musica verdiana per il suo “La Ricotta”, un affresco d’arte povera dove il protagonista, un poveraccio che lavora sul set di un film sulla passione di Cristo, corre di qua e di là sulle note della Traviata (per essere precisi si tratta dell’aria “Sempre libera”)Il pezzo però è completamente stravolto in versione “Ridolini” , proprio per accentuare le caratteristiche comiche del personaggio, e sicuramente per criticare la fede bigotta, se si contestualizza il film in una visione più ampia.

Sempre tratto da “Traviata”, è un cult inserire l’aria “libiamo” nel cinema: almeno sei film, tra cui “Il padrino” di Coppola, durante la festa matrimoniale..Addirittura la usa Hoffman nel suo remake shakespeariano “Sogno di una notte di mezza estate” per piccolo ensemble e clarinetto –neanche a dirlo, durante la festa per lo sposalizio delle due coppiette felici-

E chi potrebbe scordare il film “L’onore dei Prizzi”di Houston, quando la giovane narra al padre di essere stata violentata (tutto falso, lo fa per ottenere la pietà che le serve) sulle note di “Oh mio babbino caro” (dal “Rigoletto”) che vengono da una radiolina, sullo sfondo della vecchia cucina?
O la marcia dell’Aida, suonata da una banda “scarrupata” quando don Prizzi fa la sua apparizione in pubblico..?
Decisamente esilarante la scena in cui quando don Prizzi è sprofondato nella sua poltrona a fumare il sigaro, mentre la radio suona “Questa o quella per me pari sono” –aria sempre del Rigoletto- e proprio in quel momento entrano i picciotti con aria stanca: “E’ morto qualcuno?” domanda il vecchio…

Argento fa addirittura un intero film sull’opera del “Machbeth”di Verdi, che si dice sia un’opera maledetta..E affianca sapientemente scene a teatro dove la musica è nella sua veste originale, e scene di tensione, decisamente sanguinolente, dove si sente un singolare“Va pensiero” (aria dal “Nabucco” però) in versione synth anni ‘80.

Il grande Hitchcock usa la magniloquente orchestrazione della “Clouds storm cantata” di Benjamin per la scena madre del film “L’uomo che sapeva troppo”: il Killer deve sparare proprio in concomitanza del colpo di piatti eseguito dal percussionista durante il concerto; l’attentato viene sventato dall’urlo ammonitrice della signora McKenna, cui hanno rapito il figlioletto, e che si trova insieme al marito in questo intrigo internazionale…La musica segue alla perfezione l’angoscia, la tensione, gli sguardi, i movimenti dei personaggi coinvolti durante la scena.

Perfino Sodenbergh nel suo “Ocean’s eleven”, che ha una colonna sonora jazz-blues rock e revivall anni 70, inserisce la musica classica e utilizza la sognante musica di Debussy: il “Chiaro di Luna”, tratto dalla Suite Beramasque, accompagna la scena finale del film quando i personaggi si ritrovano, dopo aver compiuto la rocambolesca rapina, davanti agli spettacolari giochi d’acqua di una fontana.

Gli esempi sono molti di più di quelli che ho potuto citare, per motivi di spazio…Sostanzialmente, la musica di repertorio è usata come citazione, per accrescere di significato una scena che, attraverso musica già sentita, si carica di altri significati.
Ciò che si conosce si ama: sentire un brano familiare ci riporta ad altre nostre sensazioni, ai nostri ricordi, che si innestano sulle nuove suggestioni che la scena del film che stiamo vedendo ci dà. Questa è una chiara scelta del regista perché, evidentemente, per produzioni e registi di questo calibro, non si tratta certo di risparmiare sulla musica, trovandosi i pezzi già fatti!
E allora viene da chiedersi: e la musica composta “da capo”?

La musica ha il potere di creare o distruggere un film.
Ed è inutile che cercate di ricordare chi ha detto questa frase perché è un mio pensiero.
Come compositrice di colonne sonore, vi posso assicurare che un brutto film può essere salvato da una buona musica, ma una brutta musica può rovinare anche il migliore dei film, o comunque dare un fastidio terribile, anche a non addetti ai lavori.
Comporre una colonna sonora originale è sempre rischioso, perché deve cogliere appieno lo spirito del film. Ma se è composta bene, praticamente non si sente, si fonde con le immagini…Se uscendo dal cinema non ricordate che musica vi fosse sotto, non prendetevela col vostro orecchio poco allenato: vuol dire che la colonna sonora era perfetta!
La ricordiamo per due motivi: solo se è particolarmente meravigliosa o originale, (allora ci compriamo il disco del film) oppure perché il tema o i temi erano usati con ricorrenza.
E qui entriamo nel vivo della questione: come si compone una colonna sonora?
La musica per film è per il film, quindi deve venire a compromessi con le immagini, oltre che con i registi che non sempre hanno le idee chiare…
Non deve rinunciare alla sua bellezza, dignità, deve insomma “stare in piedi da sola” , deve essere perfettamente eseguibile in un concerto, ma deve sempre venire a patti con ciò per cui è stata creata: il film.
Un equilibrio delicatissimo.
Oggi i compositori che sanno fare questo sono pochissimi: quelli cioè che hanno un vero mestiere in mano (come minimo hanno studiato al Conservatorio 10 anni) e sono capaci di mettere le loro competenze al servizio delle immagini senza rinunciare alla loro cultura favolosa.
La vera colonna sonora che “spacca” nasce da qui: superba cultura che… serve.

Alcune colonne sonore sono basate sui clichè, ovvero ci sono dei suoni, dei timbri, dei ritmi, dei movimenti (intervalli di quinta, di semitono, di quarta eccedente, il suono fisso..)che muovono la nostra anima rimandandoci a qualcosa di primitivo.. (Gli esempi mi porterebbero via tutto lo spazio sul giornale…)
E’ su queste basi che la musica per il cinema ha mosso i primi passi. E cammina ancora adesso.
E’ come se la musica per cinema avesse intuito quali sono i nostri tasti profondi e li suoni con estrema maestria per farci ricordare questo o quello..
..Se pensiamo che la musica dello Squalo è tutta un oscillare di semitono, uno degli intervalli più inquietanti ..Guarda caso lo stesso di Ligeti in “Eyes wide shut”…
E’ su queste cellule timbriche, intervallari e ritmiche che si basano i temi cosiddetti, le melodie portanti del film.
A questo punto il compositore può scegliere che strada percorrere: la semplice sonorizzazione senza tema, ma spesso estremamente efficace per dare una forte suggestione anche senza creare una linea melodica vera e propria (soprattutto per i film d’azione, gialli, thriller…) oppure creare un tema portante che viene ri-arrangiato e sonorizzato via via in diversi modi, lungo tutto lo svolgersi del film, (i film drammatici spesso adottano questa soluzione) oppure ancora creare più temi e associarli ai diversi personaggi (film storici, epici, fantasy..) A questo proposito, non si può non citare la grande musica di H. Shore per “Il signore degli anelli” dove si può distinguere il tema di Frodo-una sorta di ballata irlandese- il tema degli elfi, canto antico-una sorta di solmisazione- quello delle forze del male –cori epici spaventosi , ottoni e percussioni- lo struggente tema dell’anello…

Naturalmente questa è una visione in soldoni, vi sono altre strade percorribili oppure la coesistenza di tutte queste soluzioni contemporaneamente nello stesso film.
In sostanza, la musica può innalzarsi al di sopra delle parti ( ad esempio lo struggente “Adagio” di Barber nel film di “Platoon” che accompagna scene di guerriglia di inaudita ferocia oppure la diabetica canzoncina “Ci incontreremo in un bel giono di sole” sulla scena dell’esplosione della bomba atomica nel film “Il dottor stranamore”) oppure può descrivere al millesimo ogni sincrono del girato (effetto “Mickey-mousing”, quello dei cartoni animati di Tom e Jerry), oppure ancora andare al di là della scena e caricarla di significati (fa “vedere” anche quello che nel film non si vede); l’uso di un tema ricorrente può fare da collante tra la scene, conferendo continuità al film. Ancora, la musica per film può connotare di simboli una scena parlando nella sua lingua, cioè utilizzando i mezzi propri della musica (ad esempio il dialogo tra due personaggi può essere musicato con un brano per violino e pianoforte, appunto due personaggi, due strumenti).
A volte, poi, capita che la musica sia così originale che crea l’ambientazione di un film. E’ il caso degli “spaghetti-western” a cui Morricone ha dato un vero e proprio sound che prima non esisteva.
E qui si ritrova il metodo di creare un tema per ogni personaggio ma anche e soprattutto l’uso di un timbro, un suono particolare, che si associa ad un personaggio: la musica diventa il personaggio, quando non addirittura l’ambientazione.
Questa è la scelta di Tarantino, che mi ha dato il pretesto di sfogarmi su tutto il resto…
L’omaggio a Morricone e l’uso della sua musica nel particolare, permette sia di rimandare l’ascoltatore a fatti e situazioni già interiorizzati, sia la creazione di un ambiente ben definito che nulla, più della musica, sarà mai i grado di connotare così profondamente.

Mariangela Ungaro –compositrice.